Ibiza fuori stagione: spring break tra calette, villaggi e disincanto

Ibiza fuori stagione raccontata fuori dai cliché: calette selvagge, villaggi autentici, storia hippy e disincanto. Un viaggio lento, senza filtri.

Perché tornare a Ibiza (e perché forse no)

Erano dodici anni che non tornavo a Ibiza.
Dodici anni sono abbastanza per dimenticare alcuni dettagli, ma non l’essenza.

Claudia invece non c’era mai stata e, come molte persone, aveva un’idea piuttosto netta dell’isola: discoteche, esibizionismo, devasto programmato e foto tutte uguali sui social.

Io Ibiza l’ho sempre vista in modo diverso.
Come uno di quei posti dove puoi essere chi vuoi, senza che nessuno senta il bisogno di giudicarti. Del resto, è stata l’isola degli hippie, no?

Questo viaggio nasce così: da un regalo di compleanno, da una scommessa implicita, dalla voglia di capire se quella sensazione di libertà esiste ancora o se è rimasta solo nei racconti.


Dove dormire a Ibiza per muoversi bene (e senza stress)

Per questo viaggio abbiamo scelto l’Hostal Ses Arcades, lungo la EI-300 che collega Eivissa a Portinatx.
Niente lusso, prezzo onesto, zero effetti speciali e una posizione strategica perfetta per muoversi in tutte le direzioni: Nord selvaggio, Sud più turistico, calette, borghi interni.

L’accoglienza è semplice e genuina. La stanza ci attende aperta al nostro arrivo serale: un dettaglio che racconta bene il ritmo del posto.
Consiglio pratico: prenotate direttamente dal sito dell’hotel, costa sensibilmente meno rispetto a Booking.

Auto a noleggio fondamentale.
A Ibiza, se vuoi davvero vedere qualcosa che non sia già pronta per essere fotografata, senza un’auto sei tagliato fuori.

Per il noleggio auto ci siamo affidati a RecordGo tramite Discovercars (i prezzi sono competitivi e il servizio clienti funziona), con ritiro non immediatissimo (navetta aeroporto-noleggio) ma esperienza complessivamente positiva. Bonus non richiesto: un Subaru al posto della 500 prenotata. Si rivelerà una benedizione.


Itinerario di 4 giorni a Ibiza: cosa vedere fuori dai circuiti classici

Giorno 1 – Arrivo serale e prime sensazioni

Atterriamo dopo cena. Ritiro auto, qualche imprecazione per trovare la navetta giusta e via verso l’hotel, mentre facciamo conoscenza con il Subaru (maschile dovuto).

Hostal Ses Arcades: pochi fronzoli e quella sensazione di essere tornato in un posto che, in qualche modo, non aveva smesso di aspettarmi.
La camera guarda una collina coltivata a ulivi. Ci piace subito.


Giorno 2 – Il nord autentico di Ibiza (Santa Gertrudis, calette e tramonti)

Mentre prosegue la familiarizzazione con il Subaru, Santa Gertrudis de Fruitera è la prima tappa.
Villaggio boho-chic, sì, ma ancora vivo: gente del posto, bambini che giocano in piazza, una comunione in chiesa. Vita reale.

Claudia osserva, ascolta.
Primo pregiudizio che inizia a cedere.

Si prosegue verso Sant Miquel de Balansat: una chiesa fortificata in cima al paese, circondata da silenzio e da una vista aperta.
Poco distante, seconda tappa della giornata: il mercatino hippy.

Troppo patinato, troppa musica, troppa atmosfera commerciale per i miei gusti. Non ci ero mai stato… per fortuna!
Vale comunque la pena ricordare che gli hippie arrivarono qui negli anni ’60, attratti da un’isola povera ma libera. Quella mentalità non è sparita del tutto: riaffiora qua e là, soprattutto tra i giovani che gestiscono alcune tende. Ma oggi fatica a emergere.

Pranzo con paella al mercatino (20 €), poi via.

Nel pomeriggio una passeggiata tra boschi e scogliera a picco sul mare ci porta al Faro di Punta des Moscarter, il più alto delle Baleari, e poi giù verso Cala d’en Serra: selvaggia, acqua cristallina, pochi orpelli.

Un paio di bagnetti veloci (l’acqua è ancora fredda).
A stonare il quadro, un quartetto tutto italiano più impegnato a produrre contenuti che a vivere il luogo. Non entro nei dettagli delle pose di una delle due ragazze. Ma è un tema che tornerà. E purtroppo torna ormai in ogni viaggio (Egitto, Bolivia, Marocco, Cambogia, Vietnam, Irlanda, poco importa. Esserci, solo per far vedere di esserci stati, nda).

Tramonto a Benirràs: suggestivo, sì, ma decisamente troppo affollato. La foschia rovina il finale, il timelapse invece si salva.
Cena al Ristorante 2000, rientro stanchi e sabbiosi.


Giorno 3 – Ibiza città, Es Vedrà, un programma che salta e gli incontri di una vita

Il programma salta, con il pretesto di incontrare un amico d’infanzia.
E va bene così.

Mattina a Eivissa e Dalt Vila: vicoli stretti, balconi fioriti, mura e scorci sul mare. Qui Ibiza mostra il suo lato storico e mediterraneo, lontano anni luce dalle discoteche. Claudia si innamora (secondo me) e io… quasi quasi chiedo quanto costa un appartamento 😃

Pranzo semplice e onesto da La Estrella (38,90 €), con vista sul porto e sulla spiaggia di Talamanca. Tornano alla mente i ricordi di quei quindici giorni passati qui vent’anni fa, la mia prima volta sull’isola.

Nel pomeriggio Cala d’Hort ed Es Vedrà: magnetico, iconico, presente.
Bagnetti, relax e una nota amara: quando vogliono, gli spagnoli riescono a essere più chiassosi degli italiani. Forse è vero che l’anarchia è una questione culturale (come dice un collega spagnolo, nda).

Il segnale telefonico fa quello che vuole e con Riccardo continuiamo a rincorrerci.
Ma la sera finalmente ci troviamo: passeggiata e cena a Santa Eulària, chiacchiere che ripartono come se il tempo non fosse passato.

Questi incontri non li programmi.
Ma sono quelli che rendono un viaggio memorabile.


Giorno 4 – I Fenici, le grotte e le calette fuori mappa

Partiamo dopo colazione e dopo il rifornimento (il boxer Subaru, se vuoi sentirlo, lo paghi).
Nessuna meta precisa.

Prima sosta al Poblat de Balàfia, complesso rurale tradizionale poco distante dal Ses Arcades. Alcune case sono in ristrutturazione: probabilmente diventeranno altre strutture ricettive vendute come “esperienze autentiche”.
Poi ci lamenteremo dei troppi turisti, certo.

In macchina approfondiamo la storia degli hippie a Ibiza: integrazione difficile, lavori agricoli, vita comunitaria, diffidenza iniziale.

Tappa alla Cueva de Can Marçà, grotte usate dai contrabbandieri. Suggestive, sì. Da visitare, sì. Ma care (15 € a testa).

Pranzo improvvisato con sandwich presi al distributore Repsol vicino all’hotel, poi di nuovo in marcia.

La spiaggia di Bol Nou è chiusa per frane. Niente bagnetti per adesso.
In compenso visitiamo il vicino sito fenicio di Sa Caleta, con immancabile incontro: donna chiede indicazioni per lo spot segreto visto su Instagram, perché “la travel blogger Z ha fatto un video pazzesco”.
Non esterno le mie considerazioni per rispetto della prole al seguito. Ma segreto e Instagram non fanno proprio il paio signò!

Cerchiamo una spiaggia lontana dalle copertine patinate.
Cala Escondida è impraticabile per quantità di persone. Così azzardiamo una traccia sterrata e, grazie Subaru, raggiungiamo un plateau su una scogliera con annessa caletta incredibile: scalette scavate nella roccia, poca gente, mare stupendo.

Non vi dirò il nome nemmeno sotto tortura. Tanto comunque non è segreta e la troverete facilmente. Ma occhio alla coppa dell’olio della macchina (specie se a noleggio).

Paradiso temporaneo, rovinato da quattro cafoni con moto d’acqua e musica a palla.
Il mio dissenso va soprattutto alla guida che chi li accompagna. Poi lamentatevi dei turisti, certo.

Tramonto dalla scogliera mentre i costumi si asciugano, cena al Ses Arcades (troppo cara, parliamone), valigie.

Claudia ha smesso da tempo di dire “non me l’aspettavo”.
L’isola ha comunque colpito, anche quando ha deluso.


Giorno 5 – Ultime ore e rientro

Ultima colazione al Ses Arcades, tra i locals che entrano ed escono dal bar. Il bello di questo posto, che non vive di solo turismo.

Un ultimo giro prima di andare, a Santa Eulària: le mura fortificate, una chiesa in posizione strategica, il cimitero che racconta storie, le cartoline da spedire e un caffè.
Poi verso Sud: pieno e aspirata interna al Subaru prima della riconsegna.

Da RecordGo assistiamo a una scena tragicomica: una ragazza deve pagare migliaia di euro di danni. Ironia a parte, forse è meglio pensarci su due volte prima di avventurarsi in fuoristrada per poi piangere sul latte versato.

Poi aeroporto, un paio di souvenir, ultimo bocadillo iberico.
Si rientra.


Ibiza hippy: mito, realtà e cosa resta oggi

Ibiza è stata davvero un rifugio per chi cercava libertà e una vita semplice.
Gli hippie arrivarono quando l’isola era povera, agricola, lontana da qualsiasi forma di turismo. Vivevano in comunità, lavoravano la terra, scambiavano competenze.

Oggi quel mondo sopravvive a sprazzi, ed è troppo spesso trasformato in estetica.
La filosofia resta, ma è sommersa da un rumore di fondo fatto di musica, business e apparenze.


Ibiza oggi: vale ancora la pena?

Ibiza è stata bella.
Ma oggi è soprattutto fotogenica.

Un’isola che un tempo accoglieva chi cercava libertà, ora sembra chiederti solo di funzionare bene in un feed per l’algoritmo.
Se non sei qui per vivere un luogo, ma per dimostrare di esserci stato, allora Ibiza è perfetta. E probabilmente non è l’unico posto così (abbiamo visto cose indicibili anche al Bayon di Angkor Wat, nda).

La magia non è sparita.
È solo diventata rumorosa, selettiva e spesso a pagamento.

Forse il problema non è Ibiza.
Forse siamo diventati incapaci di stare nei posti senza trasformarli in contenuti.

Se torneremo, sarà per le strade secondarie, per le calette senza nome, per quei momenti in cui Ibiza si dimentica di essere famosa.
E se non succederà, va bene così.

Perché alcuni luoghi non vanno rincorsi.
Vanno ricordati.

E questa volta, a Ibiza, non ci lascio il cuore.
Ci lascio il mio asciugamano dell’Inter Club “Peppino Prisco”, volato via dal balcone l’ultima sera… insieme a un pezzo della magia dell’isola.

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