Gravel bike, uno stile di vita (dicono)

Un paio di settimane fa mi sono iscritto ad gruppo tematico su Facebook.

L’ho fatto per capire meglio come gira il movimento in Italia, cosa porta le persone ad avvicinarsi a questa tipologia di bici, capire meglio tutto quello che gira intorno all’universo Gravel italiano e magari anche imparare qualcosa di più su questo mondo a me abbastanza sconosciuto.

A volte mi capita di leggere post del tipo “il gravel è uno stile di vita, diverso da quello della bici da strada o della mountain bike” oppure “la gravel bike non è per le gare, l’UCI non metta il naso nel mondo della ghiaia” e via dicendo. Quindi ho iniziato a vedere questo “universo” come finalmente la luce in fondo al tunnel.

Gente rilassata, che esce in bici per il mero gusto di farlo, che unisce divertimento, avventura ed esplorazione insieme senza il classico “esasperamento” molto più classico di coloro che invece praticano la mountain bike cross country o la bici da strada a livello amatoriale.

“INSOMMA, FINALMENTE LO STILE CHE MI PIACE” HO PENSATO

E invece, anche in questo ambiente che mi sembrava inizialmente il “mio posto” ho trovato molta esasperazione, gente fissata con i rapporti da spingere, le tabelle biometriche e tante altre menate…

La semplificazione che avevo visto inizialmente in questo mondo è stata subito oscurata dalle solite “mele marce”che, in più gruppetti, erano intente a sfrecciare, in sella alle loro fiammanti bici, sui percorsi del Parco delle Groane, incuranti degli altri…

Testa bassa, spingere sui pedali, non salutare nessuno e, soprattutto, essere arroganti, incivili ed incuranti del prossimo in “difficoltà”.

percorsi mtb gravel bicicletta valle olona
Un laghetto che potrebbe essere ovunque nel mondo, indovinate dov’è?

Nello specifico, adesso vi racconto a cosa ho assistito, tra le cose, questa mattina mentre ero in giro con Charlene per il Parco delle Groane

Mi trovavo all’altezza della stazione delle Ferrovie Nord di Garbagnate Milanese ed ero in procinto di percorrere il sottopasso ferroviario che mi avrebbe permesso di proseguire la mia uscita lungo la pista ciclabile del Parco delle Groane.

Detto sottopassaggio ha la fortuna di essere stato realizzato con al centro uno “scivolo” che separa la scalinata e consente di accompagnare la bici a mano in salita/discesa piuttosto che percorrerlo in sella [non è specificato diversamente, quindi è possibile, nda].

Certo, il buonsenso in caso di alta frequentazione ci dovrebbe dire di accompagnare la bici a mano (ed è quello che faccio io quando vi incontro molte persone), ma in caso contrario…

9 novembre 2020, la puntualizzazione di cui sopra si è resa necessaria per redimere eventuali dubbi ai leoni da tastiera, nda

Ma torniamo ai fatti: mentre mi avvicino per impegnare il sottopasso, mi accorgo di un ragazzo che, spingendo la sua bici, sta risalendo lo stesso.

Così rallento, mi allargo per permettergli di uscire e mi accingo ad impegnare lo scivolo in sella, badando bene a controllare la velocità visto che potrebbero esserci altri ciclisti piuttosto che dei pedoni.

Il ragazzo è quasi fuori dalla scivolo quando mi fa “hey, ha mica per caso una pompa che ho la ruota a terra?“.
Certamente” dico io “pensa che stavo per dimenticarla a casa“.

Così mi fermo, mi faccio da parte e mentre lui è quasi fuori dalla scivolo, dietro di lui si palesa un gruppo di ciclisti in gravel bike che inizia ad affrontare lo scivolo in salita.

Il primo di loro, testa bassa e spingere sui pedali, inizia ad “incoraggiare” il ragazzo con i più classici degli “hop hop hop” da ingarellato per farlo spostare dall’uscita dello scivolo.

Premesso che il campanello sul manubrio sarebbe obbligatorio a mente del Codice della Strada e che a me gli “hop hop hop” da ingarellato mi fanno saltare subito i nervi gli faccio “uè, guarda che non sei sui campi di gara, impara l’educazione e tieniti quegli hop hop hop in bocca che non servono a niente, anzi… visto che lo scivolo del sottopasso era impegnato anche da altri, avresti dovuto farlo a piedi accompagnando la bici a mano, che tanto se fai il tempo su Strava non vinci niente. Che cazzo di maleducazione“.

Dietro a lui arriva il resto del gruppo che, sempre testa bassa e pedalare, sono tutti intenti a tenere il passo per non perdere, probabilmente, secondi preziosi su Strava.

Indossando [ancora, nda] le cuffie intrauricolari, non ho modo di capire cosa stia controbattendo.
Ma a quel punto sono già intento a prestare “soccorso” al ragazzo che, con la sua bici scassata e forse bucata, deve recarsi al lavoro ad Arese e non vuole arrivare tardi.

Una volta data una bella pompata alla ruota, e sperando che la bici fosse solo sgonfia, il ragazzo si allontana mentre io, dopo aver salutato e scambiato chiacchiere con un amico che non vedevo da molto tempo, riprendo il mio giro, nato con l’idea di iniziare il test delle Hutchinson Overide che mi sono arrivate nei giorni scorsi da CycleTyres.it.

percorsi mtb gravel bicicletta parco delle groane milano
Un tratto di pista ciclabile all’interno del Parco delle Groane, che in bicicletta (ma anche a piedi o a cavallo) ci consentirà di spostarci in tutta sicurezza da Bollate fino a Misinto (e viceversa)

Sarò fatto male, ma mentre pedalo non riesco a togliermi dalla testa la scena e continuo a chiedermi [ancora adesso mentre scrivo, nda] che “problemi” abbia tutta questa gente che sfoggia arroganti “hop hop hop“, invece di fermarsi a chiedere se c’è bisogno di una mano.

E mi chiedo allora cosa abbiano a che fare queste persone con un mondo che, dicono, sia completamente distante da quello delle gare e della gente invasa che la domenica mattina fa a “sportellate” alle gran fondo o alle gare locali per portare a casa un cesto di salumi. Il famoso #fightforsalsa

Se poi qualcuno mi vuole spiegare anche spiegare cosa si intende per “stile di vita gravel“, gliene sarei grato 🙂

Post scriptum del 9 novembre 2020:

  • il post è stato editato di modo da non mostrare il nome del gruppo e, di conseguenza, non offendere quelli che vi sono iscritti e che magari vivono la bicicletta con lo spirito dei pionieri: avventura, divertimento, condivisione, esplorazione
  • la mia bici “Charlene” non si chiama così per omaggiare il fucile di Palla di Lardo come qualcuno potrebbe pensare…
  • mi spiace se qualcuno si sia risentito leggendo la prima battitura di questo post, ma quello che c’è scritto è un dato di fatto: nel nostro paese ci sono troppi maleducati arroganti in sella che mettono la “categoria” in cattiva luce con gli altri fruitori di sentieri e strade

8 risposte a "Gravel bike, uno stile di vita (dicono)"

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    1. Poser quanti ne vuoi in tutti gli sport. Forse gli unici che non ne hanno sono gli sport di squadra perché indossano una divisa…
      Per rilassato intendevo altro, e cioè persone che fanno molta meno attenzione a performance e menate varie (come nello sci, Freeride escluso), cosa invece alquanto diffusa nel mondo del ciclismo in generale, fatta eccezione per il mondo del freestyle e (forse) del downhill dove c’è molto più rispetto.

      Ma è una sensazione che mi portò dietro da quando ho ripreso ad andare in bici ormai 15 anni fa… magari è la mia “filosofia” che è sbagliata 😉
      #RideEnjoyRespect

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    2. Adesso che ci penso, sai perché ho scritto questo post? Perché ho sempre visto il “mondo gravel” come una cosa molto vicina all’ambiente downhill e Freeride della mountain bike o dell sci. Un mondo fatto di raduni e gente allegra che si saluta e via dicendo. Una sorta di “grande famiglia” dove ci sono anche quelli che fanno i poser, però alla fine ci si da tutti il cinque o una battuta di pugno a fine discesa.
      Sicuramente agli eventi questi spirito c’è, ma per il resto mi sembra di vivere molto di più l’ambiente della mtb xc, fatto più di persone sempre alla ricerca della sfida e della gara a chi ha il pisello più lungo.
      Non voglio generalizzare, ma questa è l’impressione che ho avuto andando in giro e leggendo i gruppi sui social. Poi magari mi sbaglio, e magari avrò la possibilità di contraddirmi quando (e se mai) parteciperò a qualche evento.

      P.S.: a me “purtroppo” piace esternare il mio pensiero, non posso farci niente 😉

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  1. Enfatizzare la propria disciplina, in questo caso il gravel, trova il tempo che trova, sono nuovo del mondo gravel e bici in generale ma da quando ho iniziato ho capito che non c’entra la “categoria di appartenenza” ma è soggettivo, c’è chi è più estroverso e saluta tutti anche se non ricambiano (spesso perchè troppo concentrati o distratti e non se ne sono accorti), chi non saluta mai, chi fa solo un cenno con la testa… forse anche in questo non bisognerebbe farsi troppe seghe mentali, immagino anche che in percorsi molto trafficati salutare un ciclista ogni 100mt diventi quasi più una forzatura che un saluto spontaneo.

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    1. ciao Andrea, concordo con te che enfatizzare la disciplina “lascia il tempo che trova” e infatti a domanda “cosa fai in mountain bike” ho sempre risposto “vado mountain bike”.
      quello che volevo esprimere nel post è questa cosa che continuavo a leggere sul gruppo dello “spirito gravel” riferito in quel periodo alla proposta dell’UCI di organizzare un campionato mondiale gravel o qualcosa del genere ed il pensiero che in molti esternavano “lo spirito gravel è ben lontano dal mondo dell’agonismo” cozzava un po’ con l’esperienza che spesso ho quando traffico su strade sterrate e sentieri.
      Il discorso del salutare per me è alla base dell’educazione del sentiero, è una cosa che mi è stata inculcata in colonia da bambino e ho sempre portato avanti. In bici di solito saluto scampanellando chi incrocio o facendo un gesto con la mano. Credo che non ci sia niente di male nel farlo ma per molti staccare la mano dal manubrio credo li faccia sentire meno pro.
      A me da l’idea di essere parte tutti della stessa “famiglia” su due ruote. Lo facevo anche quando avevo lo spider e se ne incrociavo un altro ci si scambiava un saluto con il clacson.

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    2. a me la gravel piace per il senso di libertà che mi da, ancora di più rispetto alla mia mountain bike, perchè mi permette di poter spaziare su differenti percorsi durante le uscite ed esplorare molto di più in lungo e in largo. Per certi aspetti, la reputo la bici “definitiva” anche se comunque non gli si può chiedere troppo in termini di passaggi tecnici, a meno che di un gran manico e un dimensionamento del telaio che permette di affrontare passaggi molto più tecnici anche su sassi e radici. Con la mia diverge sono troppo basso con il movimento centrale e sui sentieri devo prestare più attenzione ai passaggi con molte radici

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