Un anno fa mentre scrivevo un articolo sul progetto Futur-e di Enel, e della sua candidatura al premio The Circular, mi si aprì un nuovo mondo: quello dell’economia circolare.
Un mondo molto interessante quello che stavo scoprendo anche se, per certi aspetti, niente mi sembrava poi così nuovo.
Questo perchè, in quanto a “riciclo, riparazione e riutilizzo“, in famiglia siamo dei veri assi da generazioni.
Ma non sapevo che nell’industria del nuovo millennio, avessero trovato un nome e cognome per tutto questo: ECONOMIA CIRCOLARE.
Nella mia famiglia ognuno di noi, a partire da mia nonna, potrebbe essere nominato per il premio The Circular
Con la scusa del “non si butta via niente“ o del “non portarlo in ricicleria, al momento giusto potrebbe tornare utile ed essere riutilizzato” nella mia famiglia si riutilizza di tutto, anche per farne altro.
Proprio come accaduto molti anni fa con una cappa da cucina trasformata, con ingegno e creatività, in “termo convettore” per il camino da mio padre. Come poi avevo raccontato proprio nell’articolo L’economia circolare, Futur-e ed Enel.
E mentre scrivevo l’articolo e riflettevo, scoprii casualmente che alcuni brand di abbigliamento outodoor tra i miei preferiti già da molti anni si stavano impegnando nella salvaguardia dell’ambiente, dando vita anche a progetti di economia circolare.
In prima linea, tra tutti, c’era Patagonia.
Realizzare il prodotto migliore, non provocare danni inutili, utilizzare il business per ispirare e implementare soluzioni per la crisi ambientale. Questa è Patagonia.
Candidata al premio The Circular 2017 con il programma Worn Wear, da li a pochi giorni Patagonia sarebbe stata la protagonista del World Economic Forum di Davos, in Svizzera.
Tra le leader mondiali per la produzione di abbigliamento outdoor, Patagonia, fin dalla sua fondazione nel 1973, ha sempre perseguito una mission: difendere l’ambiente. Come?
- finanziando gruppi di attivisti che si battono per la difesa dell’ambiente (approfondimento su The Pill Magazine qui —> La minaccia agli ultimi fiumi selvaggi d’Europa)
- sostenendo in modo etico i lavoratori che realizzano alcune delle linee di abbigliamento più popolari (approfondimento sul sito Patagonia qui —> Capi certificati Fair Trade, la collezione più etica di Patagonia)
- promuovendo la difesa dell’ambiente in prima persona, come nel caso delle terre selvagge americane (approfondimento su LifeGate qui —-> Patagonia prende posizione sulla questione delle terre pubbliche negli USA)
- promuovendo, controcorrente, un messaggio anticonformista: comprate meno, comprate prodotti usati

Riciclare è importante, ma ancora più importante è cercare di ridurre la produzione di rifiuti
Il che non si traduce solo in un “produciamo di meno” ma anche in un “ripariamo più che possiamo per riutilizzare quelle cose che vorremmo buttare e che invece potrebbero ancora funzionare“.
Scrivendo di economia circolare ho sviluppato una certa sensibilità ai temi che la riguardano
Al contempo, scrivendo e riflettendo, ho pensato che avrei potuto anche dare una piccola svolta alla mia esistenza. E così ho iniziato a comportarmi di conseguenza.
Il cambiamento parte da noi, non dagli altri
E a me non piace essere uno che “predica bene e razzola male”.
Se sviluppo una certa sensibilità verso un tema che credo possa migliorare il mio stile di vita, ma anche quello degli altri, mi sento in “dovere” di promuoverlo
Per esempio, in bicicletta sono uno di quelli che “teniamo la destra, non stiamo in mezzo la strada, rispettiamo tutti i fruitori, non costituiamo pericolo per gli altri, usiamo il campanello, rispettiamo il codice della strada” e via dicendo.
Se lo “predico” agli altri, quando sono in giro con la mia mountain bike non mi comporto in modo diametralmente opposto anzi… cerco di far passare il messaggio anche tra gli altri fruitori e compari di avventura che incontro durante le mie uscite.
D’altronde, è quello che ho fatto per anni in qualità di dirigente UISP dell’Associazione Sportiva Emissioni Zero. Tanto da arrivare a sviluppare un modo di vivere la mountain bike etico, sostenibile e civico, dandogli anche un “nome”: Ride, Enjoy, Respect.
E così ho fatto, e sto facendo, anche con l’economia circolare
Giornalmente cerco di contribuire, nel mio piccolo, alla riduzione di rifiuti (che in qualche modo dovranno poi essere riciclati) contribuendo, contestualmente, all’economia domestica. Con un guadagno per l’ambiente e per il portafogli 🙂
E così, per esempio, non ho più acquistato i tanto agognati pantaloni da mountain bike. I Dirt Craft Shorts di Patagonia, tra l’altro.
Ho preferito riparare invece (da me) i miei storici shorts Platzangst, compari di mille avventure che indosso ormai da 7 anni). Perdono si qualche pezzo ogni tanto, ma “funzionano” ancora. E se funzionano… basta ripararli, no?

L’impegno amici miei, non è solo delle aziende, dei politici o del Papa, ma anche, e soprattutto, nostro
Ognuno di noi, nel proprio piccolo, può aiutare l’economia circolare contribuendo alla riduzione dei rifiuti che, giornalmente, vengono trattati.
Worn Wear, il programma di Patagonia che incoraggia i clienti a prolungare al massimo la vita di ciò che indossano
Lanciato nel 2013 con lo slogan “If it’s broke, fix it” (se è rotto, aggiustalo) il Worn Wear Tour di Patagonia ha preso nuovamente il via qualche giorno fa e raggiungerà ventotto tra le più rinomate località sciistiche Europee come Laax, la Val d’Isère, Innsbruck, La Grave e Chamonix.
Spostandosi di località in località, il team Worn Wear offrirà riparazioni gratuite di cerniere, alette delle zip, bottoni, tessuti bucati o lacerati e altro ancora, fornendo anche preziosi consigli su come aggiustare giacche, pantaloni e maglie in modo autonomo.
In Italia, il Worn Wear Tour di Patagonia lo troveremo:
- il 07/02/2018 presso Fitz Roy, a Bormio
- il 10/02/2018 presso SportTIZ, a Corvara
- il 14/02/2018 a Cortina
- il 17/02/2018 presso Surf Shoppe, a Sestriere
- il 30/03/2018 presso Im Sport, a Livigno
Per la prima volta, sarà possibile far riparare anche capi tecnici GORE-TEX®
Durante il Worn Wear Tour il team Patagonia riparerà gratuitamente articoli di qualsiasi marchio (non solo capi Patagonia quindi) e le riparazioni verranno effettuate in base all’ordine di arrivo dei clienti.
Lo speciale furgone in legno sul quale il team Worn Wear viaggerà, è stato appositamente creato per raggiungere le località sciistiche dal team belga Wildernest, capitanato dall’avventuroso Tom de Dorlodot, membro della famiglia Patagonia.

Il programma Worn Wear di Patagonia nasce nel 2013 con l’obiettivo di incoraggiare i clienti a prendersi cura dei propri capi di abbigliamento, adottando corrette modalità di lavaggio e riparandoli prontamente quando si rompono.
Con il progetto Worn Wear Patagonia mira a tenere i capi di abbigliamento prodotti, in circolazione il più a lungo possibile
E se proprio il tuo capo di abbigliamento non si può riparare e va sostituito (perché usurato al tal punto da non poter essere più utilizzato), è importante investire in qualcosa che duri nel tempo.
“Per questo” scrive Patagonia “realizziamo prodotti tra i più funzionali e qualitativamente migliori del mondo, garantendoli a vita“.
Chi più spende, meno spende
Per molti, potrebbe sembrare un po’ un darsi la zappa sui piedi questo incoraggiamento di Patagonia a riparare piuttosto che comprare.
Molti altri, invece, potrebbero dire “eh si, con quello che costano i prodotti Patagonia, preferisco andare al Decathlon che costa un decimo“. E potrebbero non avere tutti i torti, alla fine.
Patagonia devolve l’1% delle proprie vendite alla tutela e al ripristino dell’ambiente naturale e ha già donato più di 70 milioni di dollari in contanti e in donazioni in natura destinandoli a gruppi di attivisti e a sostegno dell’ambiente
Per Yvon Chouinard, patron di Patagonia, salvaguardare l’ambiente e fare economia in modo etico e sostenibile è una priorità.
E con Patagonia, anche altre aziende, la pensano nello stesso modo. È il caso di Gore, per esempio.
Stewart Sheppard, membro del Gore Fabrics Sustainability Team, ha infatti dichiarato: “Noi di Gore ci impegniamo sempre al massimo per realizzare prodotti outdoor che uniscano alte performance tecniche a materiali e tecniche di produzione sostenibili. La scorsa estate, nella sede di produzione Gore, abbiamo tenuto un apposito corso di formazione per insegnare al team Worn Wear a riparare in modo professionale i capi tecnici GORE-TEX®. Questa iniziativa ha l’obiettivo di promuovere l’idea che valga davvero la pena prolungare la vita dei nostri prodotti, un concetto in cui Gore crede da oltre 20 anni“.
Purtroppo, il Worn Wear Tour non passerà dalle parti di Milano o in un raggio di km tali da potermi permettere di poter “partecipare” in qualche modo, magari solo sostenendo l’attività con dei social post ad hoc e disinteressati [nei confronti del marchio, ma non della mission, nda].
Affrontare il viaggio fino alle località sarebbe, economicamente ed ambientalmente parlando, veramente poco sostenibile e così… mi sono accontentato di parlarvene qui, raccontandovi un po’ di Patagonia e raccontandovi, soprattutto, la mia “esperienza” con l’economia circolare e anche un po’ la mia “filosofia” al riguardo.
Spero, con le 1450 parole di cui sopra, di aver stuzzicato un po’ anche la vostra curiosità ma soprattutto… la vostra “coscienza”.
L’ambiente che ci circonda, alla fine, è anche un po’ nostro ed è nostro dovere proteggerlo, preservalo, tutelarlo e… sostenerlo 😉
Keep it real [fai la cosa giusta, nda].