Come vi dicevo nel precedente post (link QUI) camminando in direzione della Cascata del Pisciatù, un paio di giorni fa ero li che mi vedevo “surfare” tutto quel candido manto di neve che in quel momento mi circondava.
Attorniato da un’infinità di linee tracciate da sci e snowboard sulla neve fresca, mi è salita una scimmia epica. Talmente epica che, nello stesso momento che sono rientrato in stanza:
- ho controllato che i miei scarponi da snowboard fossero adatti alle ciaspole TLS comprate di seconda mano dal Lattaio;
- ho studiato la miglior soluzione di carico per trasportare la mia tavola da snowboard K2 RayGun con lo zaino alpino in dotazione;
- ho aspettato che arrivasse mattina.
Armato di zaino, ciaspole, bastoncini da trekking e tavola da snowboard ieri ho finalmente portato a compimento una cosa che avevo in mente da un po’: un’escursione invernale in montagna che lasciasse il segno!
Non vi nascondo che, dopo tre settimane di stop da qualsiasi attività motoria e dopo la passeggiata alla Cascata del Pisciatù di ieri questa mattina le mie gambe non ne volevano sapere poi così tanto di sostenere il mio progetto di auto-lesionismo fisico.
Ma l’occasione era troppo golosa per farsela scappare e, alla fine, l’escursione di due giorni fa mi aveva anche dato modo di battere già il percorso ideale per combinare un’attività invernale in montagna con ciaspole e snowboard.
E così dopo una bella colazione abbondante, in barba alle gambe ho calzato scarponi da snowboard e ciaspole, impugnato i bastoncini da trekking e di buona lena mi sono avviato.

Lungo il sentiero n.28 che da Corvara porta prima a Colfosco e poi alla Cascata del Pisciadù (per proseguire poi per il Passo Gardena lungo il sentiero n.651) dentro di me ripasso gli insegnamenti dell’amico Ezio, Maestro di sci e snowboard alla Scuola Sci del Monte Terminillo.
Insomma, dopo quattro anni e una quasi frattura alla caviglia [se non ricordate come è successo, potete ripassarlo cliccando QUI, nda] rimetto la tavola da snowboard sotto agli scarponi… ci sta un po’ in tensione, non credete anche voi?
Alla partenza le gambe sono pesanti e il ritmo (forse) un po’ troppo “serrato” per i loro gusti.
Dentro di me inizio a pensare che magari sarebbe stato meglio non usare le ciaspole…
Ma se non avessi usato le ciaspole, avrei dovuto portare nello zaino anche gli scarponi da snowboard (che non sono proprio comodissimi per camminare) da mettere una volta raggiunta la meta e, essendo che a inizio anno mi ero ripromesso “niente sbattimenti in questo 2018“, per non pensarci più ho iniziato a canticchiare il motivetto della sigla di Cassa Bertallot, un programma musicale in onda su bertallot.com.
Strada facendo incontro molti turisti d’oltralpe che mi traguardano come se vedessero qualcosa di strano
Magari non hanno mai visto uno che si porta a spasso una tavola da snowboard nello zaino a mo di contatore?
Vabbè, non ci penso più di tanto e in poco meno di cinquanta minuti arrivo nei pressi dell’area picnic a ridosso della Cascata del Pisciadù [in questo periodo dell’anno ghiacciata, nda] che finalmente riesco anche a vedere. La scarpinata per oggi ha già avuto un senso 🙂

Mi fermo a fare un paio di foto alla cascata di ghiaccio e, nel giro di cinque minuti, sono di nuovo in marcia direzione Passo Gardena e pronto ad affrontare il primo muro all’attacco del sentiero n.651.
Quando arrivo alla prima spianata le gambe mi stanno maledicendo e così, passando a destra del palo con le frecce segnavia del CAI, proseguo in piano per dargli un po’ di sollievo e recuperare anche un po’ di fiato.
Dopo un centinaio di metri mi fermo ad un bivio per riposare un po’ e decidere il da farsi, mentre bevo un sorso d’acqua e scatto ancora qualche foto.

La salita si fa veramente tosta e, complice anche la neve fresca [fortuna le ciaspole che mi permettono di rimanere abbastanza “a galla”, nda], decido di fermarmi per mangiare al pianoro successivo, che già vedo di fronte a me
Quando lo raggiungo, considerato che voglio risparmiare un po’ di forze per la discesa, decido di piantare la mia bandierina personale a metà strada.
Così tolgo lo zaino, mangio un pezzo di croccante alle mandorle e inizio a prepararmi per la discesa.

Sotto e davanti a me, una distesa di neve fresca che sarà alta almeno un metro e mezzo se basta! Sono gasatissimo 🙂
Mentre mi preparo penso che è dal dì che l’Alpe di Mera si prese la mia caviglia che non faccio più due curve sulla neve con lo snowboard. Speriamo bene O.O
Oh, intendiamoci. Non è per l’infortunio alla caviglia che non ho più messo la tavola da snowboard sotto agli scarponi, ci mancherebbe.
Due settimane dopo (e con la caviglia ancora gonfia e dolorante) ero al Passo del Tonale sugli sci, ad imparare a sciare da bipede!
Il vero motivo è stata la mancanza di tempo, di occasioni e di voglia soprattutto. Insomma, la vita è fatta di priorità e visto che lo snowboard per me non è una priorità, non ho più avuto occasioni. Tutto qui.
Ma torniamo a Corvara!
Senza pensarci troppo sistemo ciaspole e bastoncini ai lati dello zaino, rimetto la copertura impermeabile allo zaino (piove, governo ladro), stringo gli scarponi, chiudo gli attacchi della tavola da snowboard e… dopo mezzo metro sono già a pancia in su come una tartaruga.
E così sarà per i prossimi cinquecento metri di discesa (argh).
Insomma gente, un calvario incredibile. Agile come un ippopotamo, non riesco proprio a stare in piedi sulla neve fresca!

E invece di pensare a disegnare linee lunghe e curve larghe, mi incaponisco sui due metri di fronte a me e così non mi muovo di un metro 😦
Visto l’andazzo, sgancio gli attacchi, libero gli scarponi e a piedi raggiungo il “bivacco” dove già ieri avevo trovato riparo all’asciutto.
Mentre sono al coperto mangio ancora un bel pezzo di croccante per riprendere le forze, scrivo un paio di messaggi a Claudia per aggiornarla sulla situazione e mi godo un po’ il paesaggio che da qui a un paio di giorni lascerò.
La discesa sulla neve fresca è stato si un “martirio”, ma non mi perdo d’animo e, rimesso lo zaino in spalla, mi dirigo verso la pista battuta che scende a Colfosco.
Infilo nuovamente gli scarponi negli attacchi, li serro e via… vediamo di ricordarci come si fa!
I primi metri sono un po’ casuali, ma mi sento molto più a mio agio e ben presto ritornano alla mente gli insegnamenti di Ezio.
Piano piano inizio finalmente a disegnare qualche bella curva fino a Colfosco, dove arrivo soddisfatto e rilassato 🙂
A Colfosco mi riallaccio con il sentiero fatto in salita e che scende a valle verso Corvara. Stando attento a non centrare gli escursionisti a piedi, proseguo la mia discesa verso valle fino a quando, a causa dei continui sali-scendi della pista, devo rassegnarmi, sganciare gli attacchi e interrompere la mia “surfata”.
Con la tavola sotto al braccio e una certa rilassatezza in viso, conscio di aver personalmente contribuito a un’ottima e piacevole sessione di auto-lesionismo, rientro così alla base a passo deciso.
Una volta in stanza, mi preparo un tea ed esco sul ballatoio a gustarmelo, in compagnia dell’immancabile sigaro Toscano.
Nel mentre, chiamo Claudia e gli racconto della mia avventura appena conclusasi.
Un’avventura sicuramente impegnativa sotto il punto di vista dello sforzo fisico, ma era tanto che volevo provarci e la soddisfazione di averlo fatto è valsa sicuramente tutta la fatica fatta per portarla a compimento.
Ad essere del tutto sinceri poi, ho anche unito l’utile al dilettevole alla fine.
Eh si, perchè preferendo le ciaspole agli impianti a fune per risalire la Valle, ho risparmiato i soldi del biglietto e fatto un piacere al mio portafogli e al bilancio famigliare 😉
Che dire di più… alla prossima avventura gente e ricordate sempre: non è importante il posto, ma lo spirito!
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